21 maggio 2012

Il Napoli conquista la Coppa Italia!

ROMA - Il numero magico non esce nell’ultima estrazione della stagione bianconera 2011-2012. Le partite senza sconfitte della Juventus restano 42, 38 di campionato, 4 di Coppa Italia, ma il trofeo, che avrebbe significato un’altra stella (questa senza discussioni e polemiche) non arriva. Il Napoli di Walter Mazzarri vince 2-0 con gol di Cavani (su rigore causato da Storari su Lavezzi) e con un contropiede di Hamsik che chiude la partita. Alex Del Piero esce al 23’ del secondo tempo, sostituito da Vucinic senza riuscire a mettere il sigillo sulla partita, senza l’ennesimo trofeo da mettere in bacheca. Conte cerca di inseguire il pareggio, ma questa volta non ce la fa. Il Napoli si conferma la squadra più pericolosa per la Juventus, nessuna le ha segnato 5 gol, quest’anno (tre nella partita di andata di campionato, al San Paolo).

UN'ALTRA JUVE - Ma è la Juve in questa finale umida e uggiosa a non avvicinarsi neanche lontanamente a quella che aveva mangiato l’erba (comandamento di Conte) per tutto l’anno sociale 2011-2012. Imbastita, come bloccata da qualcosa, forse dal peso dell’impresa compiuta in campionato, 38 partite imbattuta e uno scudetto che ha significato il ritrovamento dell’orgoglio e delle prospettive vincenti annegate nelle sentenze del 2006. E’ mancato l’ultimo tassello, il raddoppio con la Coppa Italia. È mancato il solito atteggiamento arrembante, l’eretismo podistico, la lucidità di Pirlo in un centrocampo essenziale e spietato. Le punte poco servite, la manovra ansimante hanno fatto il resto.

RIGORE NON VISTO - Il Napoli ha aderito meglio alle asperità della gara, ha provato di più a vincere, sia nel primo che nel secondo tempo. Ha creduto di più. E avere un briciolo di laica fede calcistica, alla fine, paga. Anche in termini di fortuna. L’arbitro Brighi, all’ultima partita, come Del Piero, non vede un rigore di Aronica su Marchisio nel primo tempo.

I FISCHI ALL'INNO - I tifosi invece non vedono quello che sono quando fischiano l’inno nazionale e non riescono a tacere nel minuto di silenzio per le vittime di Brindisi. Finiamola di pensare agli stadi italiani come luoghi dove abiti l’umanità e trattiamoli per quello che sono. Posti dove si gioca a pallone e tutto il resto non c’entra.

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